Se mio nonno avesse visto Sanremo 2023

Mio Nonno era un po la Selvaggia Lucarelli al maschile dei tempi che furono . 

Non perdonava nessuno, ne aveva una per tutti e se non eri nelle sue grazie dovevi scappare.

Vedendo Blanco spaccare tutto avrebbe mandato mia nonna a portargli il fucile. E mia nonna con il rosario in mano avrebbe pregato tutti i santi del mondo.

Vedendo Gino Paoli fare riferimenti sessuali avrebbe mandato mia nonna a portargli le cartucce . E mia nonna con il rosario in mano avrebbe pregato anche i santi fuori dal mondo.

Vedendo il bacio tra Fedez e Rosa Chemical avrebbe caricato il fucile. E mia nonna con il rosario in mano avrebbe telefonato a Dio in persona senza pensare all’infarto che le sarebbe venuto all’arrivo della bolletta telefonica.

Ma Angelo Duro avrebbe calmato mio nonno. Perché mio nonno era proprio come lui. Parlava senza peli sulla lingua e mandava tutti a quel paese. E mia nonna avrebbe ringraziato dio per averle salvato il televisore che le permetteva di vedere Maichi Bongiorno e il telegiornale di Videollina.

Nonno Ignazio sul T-Max

Certo non siamo più ai tempi di mio nonno. La società si evolve. E tutte le evoluzioni passano attraverso i disagi, la contestazione e la messa in discussione di pilastri culturali sulla quale era fondata la generazione precedente.

Potremo discutere all’infinito, ma se un bacio gay ci scandalizza più di una bomba caduta su un teatro, se la reazione spropositata di un adolescente ci destabilizza più della corruzione di un parlamentare, allora forse è meglio che la società si evolva velocemente.

Rispetto per mio nonno, ma anche per la nuova generazione. 

Le battaglie giovani-anziani ci sono sempre state, ma questa è la più feroce di tutte in quanto i social hanno accelerato il processo generazionale. E mentre nel 90 la distanza genitori figli era di una generazione, oggi la distanza è pari a quattro generazioni. 

Ci vediamo in teatro prossimamente e chissà che non ci sarà mia nonno sul palco !

ci vediamo in teatro prossimamente…

Quando in Svizzera mi squarciavano le gomme.

Erano gli anni di Mario Monti e Elsa Fornero.

Apparirono in TV chiedendo lacrime e sangue agli Italiani.

Un nuvola di negatività avvolse il Paese e il mercato visse una contrazione in tutti i settori secondari.

Decido di portare la mia attività di spettacolo altrove, scelgo un luogo dove si pagano le giuste imposte e dal tasso di delinquenza pari a zero: la Svizzera!

Parto con il mio amico Ivan che ha una sua attività . Uniamo le due attività e creiamo una società con sede a Bellinzona. Lui fa animazione e io faccio spettacolo. In società abbiamo un cittadino svizzero, un Professore di robotica con cui iniziamo una sperimentazione della robotica nel teatro.

Partiamo a Ottobre 2012. Affittiamo i Teatri più grandi del Ticino e tappezziamo il Cantone di manifesti giganti. 

Nulla ci ferma. Alle 2 del mattino siamo ancora arrampicati a sparachiodare pareti, recinzioni e muri, di giorno invece a piazzare le locandine nei negozi. Proviamo anche l’altoparlante in giro per le cittadine, ma la Polizia ci minaccia di espulsione dal paese.

I numeri arrivano. I teatri iniziano a riempirsi. Ci chiamano anche per eventi esterni e restiamo scioccati dal fatto che, una volta pagate le tasse, gli incassi ci restano quasi totalmente in tasca.

Sembra il paese perfetto per imprenditori e artisti.

Quando chiediamo la fattura ci rispondono che basta lo scontrino: “ ma in Italia ci vuole la fattura” risposta : “ per quello siete nella m…..” . Capiamo che l’eccesso di burocrazia blocca lo sviluppo economico.

Quando lasciamo la macchina accesa al semaforo ci rimproverano, inizialmente ci alteriamo, ma poi capiamo che è nel bene comune, nella politica del buon senso .

Spesso veniamo fermati dalla Polizia per normali controlli.  Pensiamo che sia la targa italiana a creare diffidenza. Forse lo è . Inizialmente ti senti discriminato, ma poi capisci che è giusto tenere sotto controllo chi non ha la cultura del buon senso del luogo.

Un paese che puo sembrare “fastidioso”, ma che basa il suo livello di civiltà sul buon senso. 

Ma non è tutto ora ciò che luccica.

Siamo arrivati in Svizzera con due mezzi, un furgone e una Station Wagon. 

Da quelle parti c’è un problema parcheggi molto serio. O ti compri un parcheggio o ne affitti uno. Se parcheggi nei pochi parcheggi liberi gratuiti devi liberarli velocemente. Non ce nessuna legge che vieta di sostare la macchina a lungo in questi parcheggi, ma è buona consuetudine far si che tutti possano usufruirne . 

Per gli Svizzeri il buon senso è più importante della legge, per noi Italiani no. E noi siamo ospiti e ci dobbiamo comportare ancora meglio dei locali. Questa è la loro cultura e non ci passa in testa di modificarla. 

Ma siamo appena arrivati e dobbiamo ancora conoscere la loro cultura del buon senso.

Parcheggiamo i mezzi dove capita. Stiamo investendo in pubblicità e non possiamo ancora permetterci di noleggiare un box o un parcheggio all’aperto.

Il primo scontro con la cultura locale lo abbiamo già nella prima settimana. A Bellinzona.

Due gomme squarciate nel furgone e una nell’automobile. Tre gomme 300 euro.

Chiamiamo la polizia che verbalizza e ci consiglia di non parcheggiare più in quello spazio.

I mezzi bloccati per una mattina ci pesano sui nervi più dei 300 euro della sostituzione gomme.

Non capiamo, pensiamo che sia qualche straniero come noi. Qualche deficiente di passaggio. Continuiamo così a parcheggiare ovunque consentito dalla legge.

Ci trasferiamo a vivere a Locarno che diventa anche il nostro centro organizzativo.

Parcheggiamo il furgone in una sosta libera per tutta la notte. Due gomme squarciate . Altri 200 euro.

Cominciamo a chiederci il perché. Cambiamo atteggiamento. Ma nessuno ci spiega. Dobbiamo capire da soli.

Dopo un altra settimana altre due gomme all’automobile. Poi ancora tre gomme al furgone e ancora un altra gomma all’automobile. Arriviamo presto a 13 gomme squarciate. E tutte in luoghi diversi.

Sarà la targa Italiana? Sarà che non siamo ben visti? Sarà qualsiasi cosa, ma i nervi cominciano a cedere. Pensiamo alle videocamere interne ai mezzi, ma forse la soluzione è più semplice.

Proviamo a cambiare parcheggi continuamente. Nonostante siano distanti. Impariamo a farci lunghe passeggiate. Impariamo che quei parcheggi non sono di uno, ma di tutti. E quando questi tutti hanno il coltellino svizzero per portachiavi, ti conviene riflettere.

Problema risolto. Possiamo continuare il nostro lavoro senza più gomme squarciate.

Certo che loro hanno commesso un illegalità, noi no. Ma è vero che noi abbiamo violato il buon senso locale. 

Chi ha ragione, gli Svizzeri che ti insegnano la loro cultura con la forza o gli italiani che subiscono le culture altrui in nome della bell’accoglienza?

Reddito si, reddito no? Giusto darlo ai giovani?

Il Bel Paese oramai è spaccato in due, tra chi urla l’abolizione e chi protegge il diritto alla sopravvivenza .

Qualcosa non ha funzionato, ma qualcosa ha funzionato.

Blocchiamo tutto o miglioriamo il meccanismo?

Una cosa è certa, se a 17 avessi avuto un reddito garantito, la mia vita sarebbe stata diversa.

Era il 1993, la crisi era iniziata nel 92. Falcone e Borsellino, il referendum, le elezioni politiche con la Lega che vince e le forze di governo che perdono, Mani Pulite, la crisi della lira. L’Italia va giù con tutte le sue aziende.

L’attività di mio padre comincia a barcollare. La tensione in famiglia si fa sentire. Non posso più chiedere neanche due spiccioli per andare al cinema o giocare a calcetto. Nessun problema, abbiamo una casa e da mangiare, ma dentro me suona un allarme che non avevo mai provato prima.

A scuola stavo andando male e in primavera mi ritiro. Sento il bisogno di lavorare.

Mi propongo a un agenzia per la vendita di enciclopedie porta a porta. Faccio un breve corso interno all’azienda e carico di entusiasmo comincio a lavorare. Camicia, cravatta e valigetta e inizio il primo giro, a Pirri, frazione periferica della città di Cagliari.

Porte in faccia, maltrattamenti, insulti a non finire. Testimone di Geova, imbroglione e chi più ne ha più ne metta. Non riesco a entrare in nessuna casa.

Per un ragazzo di appena 17 anni alle prese con il primo lavoro, non male come inizio.

Torno in Agenzia, racconto tutto. Voglio mollare. Il mio capo si propone di accompagnarmi il giorno dopo.

Riandiamo a Pirri, stesso caseggiato. Gli dico: ” qui non ti fanno entrare, son tutti maleducati”. Il mio capo ride sotto i baffi, suona il primo campanello, dice due cose e lo fanno entrare subito. Resto sbigottito. Appena il giorno prima mi avevano detto che non avevano tempo da perdere.

Fa il suo colloquio, non vende, ma ottiene contatti.

Andiamo avanti, nuovo campanello, stessa storia. Cosi per tutta la giornata. Riesce a entrare praticamente in tutte le case ed ottenere contatti e a vendere perfino due enciclopedie. Mette in tasca una provvigione 600.000 lire in una giornata . E io senza parole.

Torniamo in agenzia e mi spiega il perchè dell’accaduto. Il modo di porsi, l’atteggiamento da assumere, l’impostazione della voce, le parole da dire e sopratutto le domande da fare. “Chi domanda comanda”, mi diceva. Sembra una lezione di teatro…e forse lo era.

In soli due giorni ho capito una lezione che mi servirà per tutta la vita. Dipende da me! Sono io il responsabile delle mie gioie e dei miei dolori. Voglio imparare in fretta.

Mi do da fare e dopo l’accompagnamento inizio a imparare la tecnica. Riesco a entrare nelle case e a parlare del più e del meno pronto a tirare fuori il deplian delle enciclopedie.

Amavo un enciclopedia che si chiamava “scoprire per conoscere”, per i bambini. Mi divertivo a raccontare le tecniche utilizzate dal ragno per tessere la ragnatela e di come la volpe si liberasse delle zecche.

In tre mesi di lavoro riesco a vendere 9 enciclopedie. Lontano dai numeri di un buon rappresentante, ma riesco a pagarmi il viaggio a Parigi con i miei amici.

Che soddisfazione.

A Settembre torno a scuola, ma sono una nuova persona. Ho trovato una chiave importante per la mia vita. Infatti faccio terza, quarta e quinta promosso a Giugno senza se e senza ma. Mi diplomo e parto militare. Nei Parà, ma questa è un altra storia.

Oggi a 47 anni mi chiedo, se avessi avuto il reddito di cittadinanza o qualsiasi tipo di aiuto garantito, sarei andato a cercarmi lavoro? E sopratutto sarei andato a farmi insultare ? E sopratutto avrei insistito ?

Sono sicuro che non sarei neanche andato a cercarmelo quel lavoretto e chissà se la vita mia avrebbe dato altre occasioni preziose come quella.

Sulla base della mia storia mi viene da pensare che forse ai giovani sarebbe meglio lasciare un po di paura. Quella sana paura che dalla notte dei tempi ha fatto evolvere la natura umana .

La fame aguzza l’ingegno, sarà sempre così!

Non avere paura della paura, rispettala e ti aiuterà a sconfiggerla.